Viviamo tutti nella illusione che vi sia un ordine naturale nelle cose del mondo e in particolare nella nostra vita. Quando ci si trova di fronte a eventi così innaturali, come la prematura scomparsa di Mauro, vengono meno la fiducia e la certezza sulla esistenza di un ordine, e ci troviamo precipitati in un caos di pensieri e di sentimenti che rischia di travolgerci. Perché nell’ambito di una famiglia o di una scuola, come è il caso della nostra scuola di chirurgia, si pensa che la evoluzione naturale veda gli eredi e gli allievi continuare, sviluppare e migliorare l’opera dei padri, dei nonni e dei maestri, e quando ciò non avviene si crea un vuoto che tende a farci precipitare nella incertezza sulla realtà di quello che stiamo facendo, e sul valore della professione cui dedichiamo tanti tempo e vita tolti ad altre attività, affetti e pensieri.
Mauro ha voluto lasciarci discretamente, gestendo da uomo forte, come egli era, il più difficile passaggio della sua vita.
Non posso e non voglio venir meno alla sua volontà recitando un peana alle sue doti. Esse sono scolpite nella memoria di tutti i colleghi chirurghi italiani e nell’animo dei tanti malati che hanno avuto beneficio dalla sua capacità professionale. E sono ben presenti nell’animo dei collaboratori non medici che hanno avuto la fortuna di lavorare con lui.
E’ un tentativo di dare conforto alla famiglia che mi spinge a evidenziare per loro la importanza che rivestiva per noi Mauro Rossi, come pietra basilare nell’edificare una scuola chirurgica che è attiva in varie regioni italiane e che rappresenta in questo momento una eccellenza internazionale nell’ambito della patologia esofagea.
Non se ne abbiano a male gli allievi e colleghi della scuola, ma, tra tutti i collaboratori dotati di capacità tecniche chirurgiche, io riconoscevo in Mauro un uomo particolarmente dotato di quel carisma che è necessario per guardare avanti con l’ambizione di superare il maestro. Ambizione che è necessaria per lo sviluppo di una grande scuola chirurgica.
Perciò ai familiari io dico che devono essere fieri per aver generato, per essere stati generati e per aver vissuto assieme ad un vero uomo, e ricordo per loro, con Ugo Foscolo, che “sol chi non lascia eredità di affetti poca gioia ha dell’urna”.
Ai colleghi, ricordo sempre con Foscolo che: “a egregie cose il forte animo accendono l’urne de’ forti”, e quindi da questo grave lutto trovino lo stimolo per migliorarsi e puntare in alto, come faceva Mauro.
Solo così potremo tutti uscire dallo smarrimento, accettare il lutto e ritrovare un senso per quel tanto di vita che ci è stato assegnato.
2011 in occasione delle esequie