Ben trovato Maestro!
Stanco ti ho visto ieri
orgoglioso guerriero,
ma mi ricordo quando
la tua mano operosa
e intelligente
sentieri della vita,
per me del tutto ignoti,
rapida disegnava,
entro il corpo malato del tuo uomo,
del tuo più caro ed ultimo paziente.
Ritto e impudente,
con quello sguardo acuto
tu volavi
al di sopra e al di là
dei nostri capi
un poco chini e molto circospetti.
Col tuo sorriso affabile
celavi
che di noi tutti allievi
un po’ te ne fregavi.
Ma invece quanto grato,
portatore di quiete e sicurezza,
il tuo lieve sorriso
era per il malato.
Grande chirurgo !
E chi di noi sapeva
capire il tuo pensiero
con occhio attento
rubarti allor poteva,
nelle operose sale,
l’arte grande e segreta
della tua strategia chirurgicale.
Condottiero
non fosti, ahimè per noi,
dell’ esercito nostro
che solinga natura in te albergava.
Timida forse?
O forse molto fredda?
Fredda come la mano
del chirurgo perfetto?
E’ una domanda che non ha risposta.
Maestro di ventura
ora deposto
hai l’usbergo lucente,
ferma è la forte spada,
tolta hai la cotta
e quando
parli di noi tuoi allievi
hai la voce un po’ rotta.
Un tempo, lo confesso
e sembra solo ieri,
amore ed odio assieme
tu mi destavi,
come succede spesso
nei profondi misteri
del cuore umano.
Ma ora
in silenzio ti guardo
e un poco stanco
qui a Roma ti ritrovo,
la fronte hai un poco china,
strette hai le spalle
e la tua forte gamba,
usata un dì a calcare
nell’adorata caccia,
la terra
smossa e sudata
nella nebbia padana,
ti gira un poco in fuori.
E’ il tempo, lo capisco,
che passa e ti consuma.
Io con la mano
ti vorrei accarezzare
lieve come la luna.
Ma quel tuo sguardo intatto,
incurante degli anni,
ancora un po’ mi gela
come quando
zitto,
senza farlo sapere,
Maestro io ti rubavo
con gli occhi e con la mente
un antico e fantastico mestiere.
Roma SIC ottobre 2004
A Giuseppe Pezzuoli
da Ermanno Ancona